GIORGIO DINI –
CARLO ACTIS DATO “OUT!”
Recensione con
intervista

Silta Records 2004
www.siltarecords.it
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Torero
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Out?
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Gaspacho d’estate
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Boulevard
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Oley!
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Bosphorus
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Hanabi
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Patp pato
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Luna piena
Giorgio Dini –
double bass
Carlo Actis Dato –
saxophones, bass clarinet
Per la Silta
Records, attiva e interessante etichetta che si è imposta con
pieno merito all’attenzione del pubblico, Giorgio Dini e Carlo
Actis Dato pubblicano un album decisamente significativo nel
panorama jazzistico contemporaneo.
La prova è
senz’altro audace, sorretta da un pensiero libero ,
incondizionato e anticonvenzionale.
Dubbi? No. Si
ascolti il brano che dà il titolo all’album, “Out!”: una
dichiarazione d’intenti, una “parafrasi di Law Years di
Ornette Coleman”, come indicano le stesse note di copertina.
I riferimenti
culturali possono apparire chiari, quelli tendenti verso la
più sostanziale e radicale innovazione che il jazz abbia mai
conosciuto e sperimentato, la stessa che ha condotto alla
revisione del concetto d’armonia.
Possono venire in
mente musicisti come Coltrane, Mingus, Russell, che
riflettevano al fine di aggirare il dedalo armonico, o,
meglio, Ornette Coleman il quale finì per evitare del tutto la
questione: l’assolo ebbe una logica nuova, oltrepassando
quello che l’armonia stessa aveva fino ad allora consentito.
L’intuito, essenzialmente, non le forme predefinite.
Nulla nel jazz
avrebbe potuto mai più essere come prima: Don Cherry, Charlie
Haden, Jimmy Garrison, Charles Moffett, Dewey Redman, Eric
Dolphy, Cecil Taylor ed altri, dimostrarono quanto il pensiero
colemaniano fosse tra i pochi ad avere futuro. Ed in tale
novero, ecco il linguaggio di Dini ed Actis Dato in cui
ritroviamo sintassi polimorfe, dal blues al free, da tendenze
world allo swing, percorse anche sfacciatamente
dai due, tanto sono vivi nel cd gli impulsi emotivi più
strettamente personali, passionali e coinvolgenti.
L’interazione risulta equilibrata, alla continua ricerca di
movenze che escludano ruoli prefissati e schemi troppe volte
riproposti da tanti epigoni delle avanguardie: ciò che ne
perviene è innovativo, irrequieto, fortemente espressivo ed
immediato, al di là degli ambiti sonori solitamente prefissati
per i dialoghi strumentali in duo.
Il modus
attraverso il quale procedono i Nostri appare vigoroso,
cromaticamente acre ed aperto, quanto mai ispirato
all’improvvisazione: convincenti, in tal senso, le
“dissolvenze incrociate” tra modulazioni etniche ed altre più
vicine all’afroamericano; quasi un andamento ipnotizzante che
si dilata in cariche emozionali stranianti lanciate verso
l’ascoltatore.
In ogni caso, a
corredare le opinioni di chi scrive, meglio d’ogni altra cosa
le parole di Giorgio Dini
nella breve
intervista che segue.
L'intervista:
D. Una
formazione composta da double bass e sax/clarino basso è
quanto meno inusuale: perché questa scelta?
R. L'intenzione era quella di dare un segnale forte sulle
intenzioni di questo CD: musica coraggiosa e inusuale nella
forma e nella sostanza, lontana dalla ricerca pura (che
troppe volte rischia di essere fine a se stessa); aver
optato per un organico non comunissimo è stata una scelta
dettata dalla voglia di proporre qualcosa di diverso ed
originale rispetto alla musica in circolazione.
In particolare il sottoscritto ha una passione per le
formazioni essenziali, duo o trio e senza batteria: gli
spazi si dilatano, si creano maggiori opportunità espressive
e le dinamiche possono essere ben gestite.
D. Nelle
armonie si nota una ricerca formale molto accurata, quali
riferimenti musicali vi hanno "toccato"?
R. L'accuratezza che hai notato deriva dalla grande
spontaneità che caratterizza il CD, dal forte interplay tra
me e Carlo e non da una predeterminazione a tavolino.
Siamo entrati in studio con delle idee (appunti veri e
propri), non con delle composizioni complete, e le abbiamo
sviluppate in maniera estemporanea senza provarle prima
proprio per salvaguardare quella freschezza e spontaneità
che volevamo perseguire.
I riferimenti quindi non ci sono stati prima e durante la
registrazione; forse ascoltando la musica del CD il critico
preparato è in grado di trovare qualche attinenza con altri
duetti o altri riferimenti musicali; questo non sorprende,
perchè dietro alle nostre note si scorgono spunti derivanti
dalle esperienze musicali e dai gusti di entrambi.
D. Non
credo abbiate avuto intenzione di "provocare" l'ascoltatore,
ma, a mio avviso, i brani (il 1° ed il 9°, in
particolare) portano ad immaginare un progetto meditato:
quale?
R. Direi che la provocazione in fondo c'è, ed è legata al
coraggio della proposta e alla ricerca della melodia in
assoluta libertà; il progetto non è stato preparato a
tavolino, come detto, ma è certamente stato pensato nella
sua forma finale: come dicevo in una risposta precedente,
siamo andati in studio con una selezione di 'idee' che poi
abbiamo sviluppato (sorprendendo anche noi stessi per certe
direzioni che la musica ha preso); io avevo in mente il
risultato complessivo che volevo ottenere, in termini
stilistici, estetici ed emozionali, ma volutamente non ho
condiviso ciò con Carlo, per non guidarlo nè vincolarlo.
Sapevo bene che Carlo dà il meglio di sè quando viaggia a
briglie sciolte!
D. Mi
sembra che nel tuo percorrere le possibilità dello strumento
ci sia tanta anima mingusiana (oso....) quanto sincera
lezione dei bassisti posthardbop...o mi sbaglio?
R. Anche se mi sto dedicando sempre di più ad una musica
nettamente rivolta in avanti, l'influenza dei grandi Maestri
dello strumento c'è, li ho studiati molto tutti quanti e
l'influenza di ognuno di questi si fa sentire. Mingus è
infatti un caposaldo, prima di lui mi ha particolarmente
colpito Pettiford, successivamente Haden e Peacock, oggi
Arild Andersen ed anche alcuni grandi contrabbassisti che
non appartengono al mondo del Jazz, come per esempio Rabbath
e Scodanibbio.
Da un punto di vista squisitamente contrabbassistico in
diversi brani di questo CD ho voluto utilizzare l'approccio
insegnatoci da Ornette Coleman con la sua Armolodia: linee
melodiche dei due strumenti che suonano liberi da strutture
armoniche predeterminate e così facendo assumono un
significato armonico estemporaneo che prende direzioni
inaspettate.
D. Oltre
il piacere dell'ascolto, ho la sensazione di un viaggio "around
the world": dilatare il pensiero musicale oltre gli schemi
del jazz contemporaneo?
R. Verissimo: non era nostra intenzione fossilizzarci su un
linguaggio jazzistico, abbiamo voluto allargare i nostri
orizzonti musicali lasciandoci influenzare anche dalla
musica etnica; questo viene fuori anche grazie alla grande
cultura musicale di Carlo, che ha suonato con musicisti di
tutti i continenti.
'Andare oltre' è la cosa più stimolante: oltre gli schemi,
oltre le categorie -- e non significa perdere un'identità
musicale ma anzi arricchire la propria. Ma non per questo il
passato va rinnegato!
D. Perché
Actis Dato( che tutti sappiamo bravissimo) ha
scelto un clarino basso?
R. Prima di entrare in studio Carlo mi ha chiesto che
strumento preferissi che suonasse; ho voluto dargli carta
bianca, lasciando a lui la scelta a seconda del momento
della registrazione. Ha saggiamente optato per l'utilizzo di
più strumenti: il clarinetto basso, il sax tenore e il sax
baritono.
In una formazione come questa certamente questo aiuta a
garantire maggior varietà nell'economia del CD.
D. Alcuni
brani appaiono "essenziali", una scelta forzata per il duo
(per non cadere nella noia di avventurosi soli)? Forse no...
R. Essenziale è bello! In realtà non si è trattato di una
scelta forzata, ma naturale. Suonare con questo tipo di
approccio può portare a registrare brani da 20 minuti o da 1
minuto, non si può dire prima. L'importante è che la musica
segua il suo corso senza forzature.
D.
Riascoltando il vostro cd, cosa cambiereste?
R. Questo CD ha dei punti di forza che sono l'originalità,
la spontaneità e il superamento di tante barriere mentali
che musicisti ed ascoltatori troppe volte si pongono.
Un punto di
debolezza forse è la cura dei suoni, rispetto ai mezzi a
disposizione oggi: il contrabbasso io lo avrei voluto più
naturalmente acustico ma abbiamo dovuto adottare un
compromesso per ragioni tecniche: visto che abbiamo
registrato nella stessa sala e non in sale isolate, per
limitare i rientri del sax nel microfono del contrabbasso
abbiamo dovuto, in fase di mixaggio, spostare il
bilanciamento del pick-up rispetto al microfono. Un piccolo
sacrificio a beneficio del suono complessivo dell'album, che
così risulta meglio bilanciato e definito.
Fabrizio Ciccarelli egozero@alice.it
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