Un po' di storia dei reflex

 

La cassa acustica reflex ha avuto una delle più travagliate storie di tutta l'elettroacustica.

Il concetto di un volume definito che è in grado di risuonare col tubo di accordo venne inserito in un brevetto del 1930, opera dell'americano THURAS.

Questo notevole studioso presentò una espressione polinomiale, funzione della frequenza, che chiariva l'interazione tra la radiazione dell'altoparlante e quella del tubo di taratura.

Solo nel '54 il professor (di acustica ovviamente) BERANEK semplificò la trattazione di THURAS, dando una espressione più facilmente intelleggibile della risposta di una cassa acustica reflex.

Importante è stato a questo punto il contributo di JAMES F. NOVAK, attuale vicepresidente alla jensen, che nel 1959 fece un dettagliato confronto tra le prestazioni di una cassa chiusa e quelle di un diffusore risonante.

A causa dello smorzamento alla risonanza, il reflex dimostrò migliori caratteristiche generali e, soprattutto, una superiore efficienza, rispetto alle più semplici casse chiuse. NOVAK suggerì l'impiego di «driver» con fattori di merito compresi tra 0,3 e 0,4 ed un rapporto di complianze «a» (= V^s/Ve) pari a 1,44.

Il dilemma che cominciava a porsi era semplice, ma drammatico: casse di grandi dimensioni o casse piccole? Poiché gli studiosi consigliavano altoparlanti a bassa frequenza di risonanza, era evidente che il VAS risultasse elevato (alta cedevolezza) e di conseguenza anche il volume della cassa non poteva risultare piccolo.

Mentre NOVAK cercava soluzioni che permettessero di ridurre i volumi, un ingegnere australiano A. N. THIELE pensò alla cassa reflex come l'equivalente, in campo acustico, dei filtri elettrici passa alto.

Questa semplice, ma geniale teoria permise (1961) di ottenere 28 differenti tipi di allineamento, con altrettante combinazioni altoparlante-cassa-tubo di accordo.

Oltre all'oallineamento» principale (B4), realizzabile con un altoparlante dotato di Q pari a 0,383 ed un rapporto di complianze di 1,414, ne esistono tanti altri con caratteristiche differenti, più piatti quelli denominati Butterworth, con qualche «ripple» alla risonanza quelli chiamati CHEBYCHEV.

Purtroppo l'opera di THIELE, pubblicata in AUSTRALIA, non ricevette grande attenzione fino a quando non venne ristampata dal JAES, negli USA, circa dieci anni più tardi.

Nella nostra trattazione utilizziamo i risultati degli studi di SMALL, che, nel '73, partendo dalla fondamentale opera dell'australiano operò un importante perfezionamento introducendo il concetto delle perdite, che fatalmente si hanno all'interno di un diffusore. Il fattore di merito della cassa alla risonanza non può più essere considerato infinitamente grande, ma assume in genere valori compresi tra 5 e 10

 


 

Dimensioni ideali dei box

 

 

 

Una volta determinato il volume ideale di un diffusore, quale forma deve avere e quali rapporti si devono tenere tra altezza, larghezza e profondità nel caso si scelga il classico parallelepipedo? Sia la forma interna che quella esterna di un diffusore possono alterare le prestazioni dell'altoparlante in maniera drammatica. Può esserci molta più differenza tra due casse di differente forma ma con lo stesso altoparlante che tra due casse identiche che utilizzino altoparlanti di fabbriche diverse. Le superfici interne provocano riflessioni e onde stazionarie, mentre gli spigoli e gli ostacoli esterni evidenziano diffrazioni del suono emesso dai trasduttori. OLSON fece una analisi accurata delle varie possibili forme di casse acustiche e giunse alla conclusione che la sezione schematica «sferica» fosse la più favorevole per la buona linearità di risposta. Purtroppo il fatto di dover quasi obbligatoriamente usare il legno, gli alti costi della falegnameria appena si richiedono forme non squadrate, e la necessità per molti hobbisti di costruirsi da soli il mobile, costringono quasi sempre ad optare per il classicissimo parallelepipedo. A questo punto è bene ricordare di non tenere tutte le dimensioni uguali (cubo) e neppure una sola nettamente superiore alle altre. Per il momento consigliamo di attenersi ai rapporti 1 : 1,62 : O 62 (regola aurea). Questa semplice regola applicata per millenni anche a notevoli costruzioni architettoniche, ha pure il vantaggio di consentire la realizzazione di oggetti esteticamente piacevoli e di dimensioni ben proporzionate,                                                                            i    i. La regola da seguire è assai semplice: fissato il volume netto interno, si estrae da questo numero la radice cubica; il valore trovato sarà per esempio la larghezza (1), moltiplicando la quale per 1,62 si ottiene l'altezza del parallelepipedo mentre la profondità è pari alla larghezza per 0,62. Si voglia ad esempio realizzare una cassa di 27 litri (27 dm3): V = 27 dm3 = volume interno; L = W27 = 3 dm = larghezza; H = 3 x 1,62 = 4,86 dm = altezza; P = 3 x 0,6'2 = 1,86 dm = profondità. Se poi si impiega, per la costruzione del box, un truciolare di 2 cm. di spessore, tutte le misure prima trovate vanno incrementate di 4 cm. per avere le dimensioni esterne: 34 x 52,6 x 22,6 cm. Se per qualche necessità non si riescono ad osservare questi dati è comunque sempre opportuno allontanarvisi il meno possibile.