AUTOCOSTRUZIONE E SCHEDE |
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Monovia di Michele |
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Monovia Tapered Quarter Wave Tube ripiegato di Michele Capretti
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SCHEDA |
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IL PROGETTO |
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Il punto di partenza è come sempre la grande curiosità che ci anima. Tra i miei ascolti preferiti ci sono i grandi del jazz 60’-70’ che mi hanno sempre dato l’impressione di soffrire nel mio impianto tre vie, con una vigorosa amplificazione solida, per mancanza di “naturalezza”. Così leggendo qua e là, hanno iniziato ad incuriosirmi molto i sistemi monovia, che si mostravano piuttosto adatti a ridare vitalità a queste incisioni, spesso sofferenti per età. Mi ha colpito il principio citato da alcuni autori, per cui se la registrazione avviene attraverso un microfono che “raccoglie” con una sola membrana tutte le frequenze musicali contemporaneamente, la risposta di un solo altoparlante dovrebbe essere in grado di ridare al meglio questa miscela di frequenze, seguendo il principio che eventuali interferenze prodotte in fase di registrazione sulla membrana del microfono dovrebbero attenuarsi se riprodotte da un solo cono che tenta di ridare inversamente il segnale inciso. Altro discorso interessante è quello di migliorare l’emissione di un monovia, in particolare quando si intende impiegare altoparlanti di diametro contenuto, attraverso la costruzione di un mobile che possa aiutare le emissioni “deboli”, come le basse frequenze. Oltre al più moderno sistema reflex, ne esistono altri assimilabili a risuonatori collegati a trombe e che possono effettivamente contribuire. Il sistema TQWT - Tapered Quarter Wave Tube sviluppato dall’Ing. Voight negli anni’35-40 mi ha subito colpito perché rappresenta uno dei metodi sviluppati per sopperire alle forti limitazioni che i diffusori dell’epoca dovevano avere, quando ancora nessuno aveva avanzato il principio della separazione del segnale sonoro su più vie, come avviene normalmente oggi. Leggo così piacevolmente che i sistemi monovia permettono un’ottima focalizzazione della scena sonora, meglio di quanto possa avvenire con qualsiasi altro sistema; ora per riprodurre un piccolo gruppo di 3-5 elementi questo è senza dubbio un grande pregio. Infine l’alta sensibilità degli altoparlanti largabanda permette di ridare con grande dettaglio il segnale musicale soprattutto con amplificazioni di grande qualità ma senza il bisogno di grandi potenze, come possono dare le amplificazioni valvolari, anche di costo contenuto. E così mi butto alla ricerca di progetti TQWT ma non sono soddisfatto; decido allora di progettare tutto dall’inizio, considerando che di elettronica capisco ben poco e qui di crossover non c’e ne sono. Parto da un ottimo scritto di Filippo Punzo che potete trovare tra gli articoli pubblicati sul sito www.audiofanatic.it, dal quale è possibile ricavare il dimensionamento del TQWT partendo dalle caratteristiche dell’altoparlante.
Tra i vari altoparlanti largabanda ho scelto il francese Supravox 165 lb. La ditta Supravox è tra le aziende storiche produttrici di altoparlanti molto adatti alla realizzazione di sistemi monovia. A seguire riporto i parametri essenziali del 165 lb, tra cui spiccano la linearità di emissione e l’alta sensibilità. Ho quindi realizzato un foglio xls che permette di calcolare i parametri essenziali per il dimensionamento del sistema ripiegato, partendo da i dati dell’altoparlante, secondo le formule di Filippo Punzo e con l’impiego di un programma per il dimensionamento del mobile (Perfect Box Trial). Uno dei problemi maggiori è il dimensionamento della finestra reflex, al termine della tromba. Per evitare cattive sorprese, ho preferito realizzare un’apertura di dimensione variabile per poter eseguire modifiche anche in funzione del posizionamento nella sala d’ascolto, senza dover ricorrere ad un eventuale crossover. Si tratta quindi di un vero e proprio filtro meccanico; in pratica è una semplice paratia scorrevole che apre o chiude a piacere il condotto. Quindi con l’aiuto del Cad ho disegnato il mobile secondo le specifiche calcolate, impostando una larghezza interna di 23 cm, parametro che può essere impostato a scelta, con i limiti imposti dalle dimensioni dell’altoparlante. Secondo il modello di Voight è molto importante mantenere un adeguato posizionamento dell’altoparlante (circa 1/3 dell’altezza totale dall’apice del condotto del modello originale) per raggiungere il miglior incremento delle basse frequenze ed evitare fenomeni difrattivi; ciò condiziona fortemente la scelta di tutte le altre dimensioni del mobile che ne derivano a cascata. Ho dimensionato la tromba in modo tale che nel punto di piega si mantenga inalterato lungo il percorso medio (bisettrice angolare) il coefficiente di “allargamento” del condotto, ovvero non si vengano a creare strozzature o allargamenti improvvisi. Secondo questo principio, ho preferito inserire anche due curve interne, una in alto e una in basso. Per migliorare l’estetica del frontale ho impostato l’apertura del condotto sul lato posteriore del mobile, quindi non visibile, una volta posizionato in sala d’ascolto. Ho inserito anche due irrobustimenti interni per ridurre il rischio di vibrazione della cassa, in particolare per la faccia posteriore del mobile che si presentava completamente libera da ogni irrigidimento (durante la costruzione non ho poi realizzato l’irrobustimento anteriore, probabilmente non necessario, visto che la faccia anteriore è stata realizzata con un doppio strato di mdf). Calcolare il mobile e disegnarlo non è proprio impresa facilissima e necessita di un certo tempo. l’impiego del Cad agevola non poco l’operazione perché permette di rivedere continuamente il disegno in funzione delle piccole modifiche che vengono inserite volta per volta eridimensionare il mobile mantenendo inalterato il volume interno calcolato con le apposite formule.
Progetto definitivo del mobile, con spessore delle pareti laterali e posteriori di 20 mm. il frontale è formato da un doppio strato di materiale per uno spessore complessivo di 40 mm. Per tutti i volumi vuoti, non utili, è stato pensato un irrigidimento mediante riempimento con poliuretano espanso. ---------------------------------------------------------------------------- L’idea era quella di realizzare qualcosa che esaltasse la musica jazz, quindi nel mio immaginario i mobili dovevano essere giustamente retrò, in fin dei conti il principio su cui sono stati pensati è “storico”, tuttavia dovevano anche avere un che di appariscente e moderno, nel solco del jazz, libero da schemi prefissati. Così ho pensato ad una linea con un frontale elegante e “sfrontato”. La larghezza complessiva, non meno di 27 cm era piuttosto invadente, per cui ho scelto delle linee verticali che alleggerissero il tutto; un inserto in legno al centro, affiancato da fasce laterali arrotondate e verniciate con un colore appariscente e lucido. Volevo che il frontale apparisse “leggero” e libero dal resto del mobile, così ho provveduto ad allargarlo di qualche cm, per nascondere alla vista tutta la cassa posteriore, che ho pensato in nero opaco, per separarla ancor di più dal resto. Per rendere il frontale “indipendente” dal resto e dargli una giusta importanza ho pensato ad uno spessore notevole, di sei centimetri. Ecco il risultato dell’ultimo render, eseguito al Cad.
La costruzione di questo mobile non è semplice. Ho voluto realizzare fin dall’inizio entrambe le pareti laterali, al contrario di quanto ho visto realizzare da molti, che montano una delle due pareti laterali al termine del lavoro, per garantirsi la possibilità di raggiungere in ogni momento ogni parte interna della cassa. La mia scelta implica la necessità di muoversi passo passo, con attenzione per evitare la sorpresa di non riuscire più ad “entrare nel mobile”per eventuali dimenticanze; ha il vantaggio che fin dall’inizio la costruzione è molto robusta ed è più facile controllare la simmetria dell’insieme. A lavoro ultimato non saprei dire se questa scelta è stata effettivamente vantaggiosa o meno. Tutte le pareti del mobile, ad eccezione del frontale sono state realizzate in multistrato di faggio da 20 mm di spessore, fissate con collante vinilico e viti autofilettanti, per velocizzare il lavoro e garantire nel tempo (e in caso di caduta) un’elevata tenuta. Lungo tutti gli spigoli sono state inserite spinature in legno di faggio per aumentare ulteriormente la resistenza degli incollaggi. Anche il piano inclinato interno e ogni distanziale sono stati realizzati con il medesimo lamellare di faggio. Questo materiale è estremamente robusto, rigido e pesante, ha una tenuta dei filetti delle viti eccezionale. Molta cura va posta nel posizionamento del piano inclinato interno, da cui dipenderà il giusto dimensionamento della tromba
Le curve della tromba sono state realizzate con un metodo molto impiegato nel modellismo, ovvero si realizzano delle dime di buono spessore, sulle quali si incollano dei listelli di larghezza adeguata alla curva che si intende realizzare; questo permette di evitare di dover piegare il rivestimento e quindi semplifica la realizzazione. Visto che le curve erano piuttosto ampie ho impiegato del compensato di pioppo di 4 millimetri di spessore, tagliato in strisce con larghezza di alcuni centimetri. Va ben curato l’incollaggio tra una striscia e la successiva, per aumentare la robustezza complessiva.
A seguire ho realizzato le aperture “variabili”, partendo da un laminato plastico – plexiglas con spessore di 3 mm. Si tratta di una piccola saracinesca trattenuta da due piccole guide e bloccabile a piacere all’altezza voluta con una semplice vite che premendo sulla saracinesca la ferma.
Man mano il lavoro procedeva, ho pennellato l’interno del mobile con due mani di vernice, formata da normale acrilico nero (a base acquosa) miscelata con colla vinilica (1/5 di colla in volume consente di ottenere una buona densità e una grande adesività, mantenendo il tutto “plastico” ad asciugatura completata) . Il trattamento permette di riempire tutti le eventuali fessure esistenti nei punti di giuntura evitando possibili rumori dovuti a vibrazione, svolge l’azione di una normale vernice antirombo, ma è quasi inodore, ha una tossicità molto bassa e permette la pulizia del pennello con semplice acqua. Per aumentare l’irrobustimento delle curve ed evitare la presenza di volumi liberi non necessari, ho deciso do riempire i vani dietro le curve con schiuma di poliuretano espanso che si trova facilmente in bombola spray. Ho praticato quindi due fori per ogni volume da riempire e mentre da uno insufflavo la schiuma, dall’altro usciva aria. L’operazione è semplice e l’ideale è chiudere subito i fori (con spinature in legno) per evitare la fuoriuscita di schiuma e aumentarne la densità ad asciugatura completa. Credo sia molto utile ricordarsi di praticare i fori sui pannelli prima di chiudere i vani, in modo che all’interno non resti intrappolata segatura (nel caso in cui la schiuma non occupi completamente i volumi, potrebbe forse originare spiacevoli vibrazioni). Per la stessa ragione, in tutti i casi in cui ho realizzato spinature, ho provveduto a soffiare la segatura dai fori con aria compressa, per eliminare questo rischio deleterio.
Prima della chiusura con il pannello frontale è stato necessario procedere con l’inserimento del materiale fonoassorbente. Questa operazione non è banale, in quanto è molto difficile eseguire eventuali modifiche, una volta chiusa la cassa, per cui è utile procedere meditando le proprie scelte. Io ho utilizzato del feltro di poliestere con spessore di 20 mm e ho completamente rivestito le pareti del primo risuonatore trapezioidale (lo spazio dove si inserisce l’altoparlante) fino al termine della curva superiore compresa; ho lasciato il resto della tromba libero da fonoassorbente. In questo modo, l’azione assorbente non dovrebbe essere molto intensa, come consigliato per le piccole casse due vie o per i vani di alloggiamento dei mid, dove la potenza emissiva degli altoparlanti non è molto intensa, ma l’azione di abbattimento delle eventuali risonanze dovrebbe mantenersi buona.
In alto a sx la foratora del pannello anteriore per l’inserimento dell’altoparlante. A dx il fissaggio del pannello. In basso la sovrapposizione con la tavola di legno massello e i fianchi di mdf, sempre da 20 mm.
FINITURA E VERNICIATURA
Ho arrotondato gli spigoli e il frontale inizialmente con diverse piallate e successivamente con carta 80-120, poi ho stuccato con pastalegno i fori di maggiori dimensioni e le altre imperfezioni grossolane. L’mdf è un supporto che si lavora molto facilmente ma è molto poroso per cui va reso impermeabile prima di procedere alla verniciatura. Ho provveduto ad impregnare tutto il mobile, eccettuato il legno a vista, con due mani di turapori trasparente (a base nitro) e successivamente ho passato una mano abbondante di stucco poliestere bicomponente (quello normalmente impiegato dai carrozzieri) con un pennello, cercando di incrociare le pennellate per ottenere uno strato più spesso possibile (l’ideale sarebbe utilizzare una pistola a spruzzo con ugello molto grande). Questo prodotto ha un odore tanto piacevole per noi quanto tremendamente orrendo per le nostre mogli e fidanzate, per cui occhio che nelle ore subito successive si scatenerà un po’ di “malumore” in famiglia.
Ad asciugatura completa dello stucco, ho carteggiato con carta via via più fine, 240, 400 e 600, fino ad ottenere una superficie liscia ed uniforme. E’ necessario procedere con molta attenzione senza esagerare, per non riportare alla luce la superficie porosa dell’mdf vanificando l’intervento. Ricordate che con la levigatura fine dello spesso strato poliestere produrrete una notevole quantità di polvere piuttosto sottile, per cui lavorate possibilmente all’aperto, proteggetevi con una buona maschera (ideale quelle per verniciatura a spruzzo professionali) e applicate alla levigatrice l’aspiratore e non commettete l’errore di entrare in casa con le scarpe…, almeno non in presenza di vostra moglie. Il legno a vista è stato trattato con levigatura fine, con carta fino al 600 e successivamente con impregnante ad alcool per un leggero scurimento. Prima di procedere alla verniciatura è molto importante ripulire tutte le superfici dalla polvere con una passata non frettolosa con aria compressa e ripulire ben bene l’ambiente in cui si vernicerà; un buon sistema per ridurre la presenza della polvere è quella di bagnare il pavimento del locale adibito alla verniciatura (di contro si potrà evidenziare un probabile leggero allungamento dei tempi di asciugatura). Ho utilizzato vernice per carrozzeria che ha il pregio di asciugare con estrema rapidità data a spruzzo, secondo le specifiche della ditta produttrice. Per ottenere il colore voluto, bianco con riflessi dorati, metallizzati, è stato necessario dare una prima mano di bianco lucido e la successiva con la vernice metallizzata semitrasparente. A seguire ho impiegato la vernice lucida bicomponente, sempre spray, normalmente impiegata in carrozzeria. Queste vernici sono veramente ottime, perché asciugano fuoripolvere in tempi molto rapidi e permettono di ottenere lucentezze impareggiabili e durature nel tempo.
Volevo creare una forte separazione tra il frontale e il resto della cassa, per cui ho scelto due diverse verniciature per aumentare il contrasto. La porzione posteriore della cassa è stata verniciata in colore acrilico nero, a base acquosa, successivamente sovraverniciato con trasparente satinato per aumentarne la resistenza e la durata, entrambe stesi con un piccolo rullo. ELETTRONICA
A questo punto ho proceduto con il fissaggio degli allacciamenti posteriori e con il semplice cablaggio, con una coppia di cavi audio con diametro di 2,5 mm2. Ho rivestito le sedi di appoggio degli altoparlanti con guarnizione adesiva e quindi, ho allacciato i cavi e fissato l’altoparlante con cinque viti autofilettanti (previo foratura). Il mobile appoggia su quattro piedini in ottone ottenuti da quattro bulloni M6 inseriti negli appositi inserti filettati, preventivamente inseriti nel fondo della cassa. Le mascherine prottettive per gli altoparlanti sono state realizzate in mdf da 5 mm, verniciato in acrilico nero e coperti con tela acustica, fissata sul bordo interno con punti metallici e collante vinilico. La piccola mascherina, che copre solamente l’altoparlante è fissata sul bordo stesso del cestello con velcro adesivo. Una volta posizionate nella sala d’ascolto ho aperto la finestra variabile di 1,6 cm, come dal calcolo dell’apertura reflex e ho collegato il tutto ai cavi di potenza.
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COME SUONANO |
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Ho provato il sistema con due diverse catene che hanno in comune la sorgente digitale autocostruita da mio fratello (computer con uscita audio DAC, di cui trovate la recensione tra le pagine di audiocostruzioni). Una utilizza un amplificatore integrato Advance acoustic map 105 con uscita di 60 watt su 8 ohm e cavo autocostruito a treccia con sezione complessiva di 7,5 mm2 per canale, mentre l’altra impiega un amplificatore integrato valvolare Yarland con uscita di soli 16 watt su 8 ohm e cavo Sommercable orbit MK2, con sezione di 4 mm2 per canale. I cavi di segnale sono entrambe di buona qualità. Le diverse catene influenzano ovviamente il suono in modo diverso, tuttavia il sistema ha una propria caratteristica sonorità, sempre ben riconoscibile.
I generi rock, pop e classica orchestrale non sono alla portata del sistema per evidenti limiti di potenza emissiva, in particolare alle basse ed altissime frequenze; in particolare non sono convincenti i momenti di grosso orchestrale e il potente basso ritmico del rock che non vengono riprodotti in modo coinvolgente. Molto apprezzabile è invece l’ascolto del jazz, della musica da camera e di pezzi con strumenti solisti. Molto coinvolgente è la riproduzione dei fiati (sax, tromba e flauto), del pianoforte, della chitarra e delle percussioni che sembrano effettivamente materializzarsi in salotto grazie al dettaglio molto raffinato, velocità e dinamica, di grande realismo e piacevolezza. La percezione della separazione dei diversi strumenti di una jazz band è particolarmente buona e tuttavia non si ha affatto la sensazione di eccessi. Ecco, direi che il maggior pregio del sistema è l’assenza di eccessi e il riscaldamento delle incisioni che riacquistano effettivamente vitalità e freschezza, in particolare apprezzabile nelle vecchie incisioni jazz degli anni 50 e 60. E’ nettamente percepibile l’assenza della gamma superiore dei suoni alti, (manca l’altisonante tintinnio di certi piatti e campanellini) ma questa carenza è fortemente compensata dalla precisione ed estensione della riproduzione dinamica di questi strumenti. Rispetto a quanto temevo, il basso è corposo e significativo, molto ben controllato, dinamico, adatto alla riproduzione del contrabbasso e del pianoforte jazz; ovviamente senza pretese nell’espressione della potenza. Presumo che l’assenza degli estremi di gamma influenzi, favorendola, la percezione dei medi, dove sono a loro agio proprio i fiati e la chitarra. La riproduzione della voce è sempre un punto delicato per i sistemi monovia; in questo caso noto qualche limite su quella femminile, nei casi in cui lavori su toni squillanti. In generale c’è un pizzico di nasalità-chiusura che riduce l’espansione del vocal nella stanza, in particolare direi che sono esaltati gli strumenti di accompagnamento e meno la voce. L’accoppiata più convincente è quella con il piccolo ampli valvolare che scalda e sembra avere più dettaglio; in sostanza sembra che sia più in sintonia con il sistema, nel senso che ne migliora ulteriormente i punti di forza.
Agendo sulla dimensione dell’apertura del condotto si modifica in maniera ben percepibile il suono; man mano si apre il basso diventa via via più significativo e preciso; andando oltre si amplifica la sua emissione, ma si perde in controllo (aumenta il ritardo) e peggiora il dettaglio. Il dimensionamento di progetto è un buon punto di partenza; nel mio ambiente preferisco aprire un po’ di più (1,5 volte circa la superficie). Sembra che il sistema meccanico sia effettivamente funzionale e assai comodo; non si percepiscono vibrazioni accidentali di alcun genere, a qualsiasi frequenza di emissione. Chiudendo completamente il condotto, si può ben apprezzare il lavoro di Voight e l’effettivo rinforzo dei bassi. Ho confrontato direttamente il suono del monovia con le mie Ciare h 3.5 (sistema tre vie reflex di volumetria confrontabile). La differenza è molto ampia ma non potrei dire cosa suona meglio. Cioè utilizzando la catena più consona per ogni sistema (ampli a stato solido fet per le tre vie e valvole per il monovia) e utilizzando uno swich professionale sulla sorgente (comune ad entrambe i sistemi) sono evidenti le diversità dei sistemi. Se le Ciare non temono l’orchestra e non sono poi così male nel pop e nel rock, tendono però a schematizzare e raffreddare il jazz, le monovia sono superiori nel jazz ma nettamente minori negli altri generi per chiusura della scena e centralità emissiva dei toni medi. Concludendo, ritengo questi monovia costruttivamente complessi e non economici; adatti solo a pochi generi nei quali però danno risultati veramente interessanti. Vanno necessariamente accoppiati con ampli di alta qualità e necessitando di pochi watts, sono molto adatti ai sistemi valvolari, anche di costo contenuto. Sistema consigliabile ai Mastro Geppetto jazzofili amanti delle sperimentazioni. Costi sostenuti: - Lamellare, mdf e altri materiali: 180,00 €; - Vernici e collanti: 50,00 €; - Altoparlanti: 437,50€ la coppia; - Cavi, connettori, fonoassorbente e minuteria: 65,00 € TOTALE: 732,50 €.
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